COME TUTTO EBBE INIZIO. PARTE 9

COME TUTTO EBBE INIZIO

Capitolo nono

Nel frattempo qualcos’altro era avvenuto. Nei suoi disegni iperscru… imperscruti… imp… (?) che nessuno conosce… Dio aveva operato lo sblocco: Bellaria era diventata… COMUNE!!! Aveva il suo Sindaco che si poteva scrivere con la maiuscola, un Municipio (per forza!), una linea ferroviaria (ahimè) e una stazione. Poi la posta, le banche, i cinema all’aperto e al chiuso, un locale per ballare.

E mentre Raffaella Pelloni era diventata Carrà e suo zio era diventato geometra, una pioggia di mattoni e cemento stava per sommergere quella ancora rustica comunità.

In realtà i mattoni c’erano, il cemento molto meno. Le imprese edili che erano nate come funghi dopo un’estate piovosa, volevano tirarci fuori il massimo dell’utile e così il cemento lo facevano pagare, ma con un sacco ci facevano un albergo.

Anche l’architettura non era una bella cosa: le graziose casette con il tetto a padiglione e le persiane verdi, diventavano cubi e parallelepipedi dal tetto piatto e le tapparelle, e soprattutto, molto, molto più grandi.

Quella che oggi chiamano ‘vecchia fornace’, lavorava a ritmo sostenuto. I tanto sospirati ‘suld’ (soldi), iniziavano a girare tra l’euforia generale.

Allora Dio andò dal sindaco… Ah… scusate… Allora Dio chiamò il sindaco e gli disse:

Preparati, sto per farti rinascere. No, stavolta niente stelle, magi, profezie, greggi e pastori, che di presepe ne basta uno. E poi mica posso far fare un’altra strage degli innocenti no? Poi i Vangeli sono già stati scritti e già litigano tra canonici, gnostici, sinottici, apocrifi e via andare. No, nascerai zitto zitto in quel di Borghi come ti avevo detto, e starai in attesa della chiamata. Non è nemmeno necessario che studi troppo, la sapienza, il carisma e quello che ti servirà, te lo fornirò io. Ah, questa volta niente annunciazione: vai e vedi di non combinare casini.”

Il sindaco, tutto felice, pensò: “Sarò a capo di una comunità prospera e gioiosa. Sarà come andare sul velluto!” Peccato che le cose non sarebbero andate proprio come immaginava.

Infatti si costruiva alla “organo riproduttivo di cane maschio”. Io la faccio così, lui la fa cosà, io la giro un po’ a destra, l’altro la gira un po’ a sinistra. Questa ultima scelta, non dipendeva dall’orientamento cardinale o dagli influssi astrali. E’ che i confini non erano propriamente rettilinei, e siccome i cubi e i parallelepipedi dovevano essere il più grandi possibile, si costruiva proprio sul confine, litigando, naturalmente, anche con il confinante.

Io arrivo qui!”

No! Lì ci arrivo io!”

Praticamente nacquero case con un muro di sostegno in comune.

Naturalmente ci fu una strage di polli e tacchini, che non potevano stare nei corridoi, e gli orti sparirono (e pure la canapa… sigh!).

Anche le strade ne risentirono, ci uscirono delle strade tanto strette, che in una si incrociarono un uomo e una donna e, quando riuscirono a passare, lei era rimasta incinta.

Non solo, ma le piccole casette costruite in riva al mare, divennero alberghi, che poi diventeranno ancora più grandi: poi si lamenteranno della spiaggia piccola. Di buono c’era che, non essendoci nessun PSC, nessuno lo poteva bocciare.

Dopo l’Uso, o prima, dipende da dove si guarda (questo problema è a tutt’oggi irrisolto), c’era Igea Marina. La sua spiaggia era ancora piena di dune e arbusti. I suoi abitanti non avevano ancora sentito il forte stimolo dell’erezione… degli edifici. Si costruiva meno che a Bellaria, anche perché era stata colonizzata nel periodo fascista. Sì, colonizzata nel senso che ci avevano costruito molte colonie, che ancora funzionavano.

Il sindaco era appena apparso in quel di Borghi e sembrava proprio un bambino come tutti gli altri. E mentre china sui solchi l’abbrunita gente, dall’alba all’ultim’ora, soffriva sudava e lavorava, e udivi pure greggi belar e muggire armenti, lui cresceva, ignaro che il Creatore aveva deciso che proprio lì sarebbe finito. Ma ancora il tempo non era giunto.

Al contrario che a Igea, a Bellaria l’erezione era potente, ormai li infilavano in tutti i buchi… gli alberghi che erigevano. Infatti, sulla spiaggia, le casette dei pescontadini, poi pescatori, ora albergatori, erano lievitate diventando un fronte compatto: dove si sarebbe dovuta lasciare la spiaggia, si erano messe le strutture per quelli che avrebbero dovuto godere della spiaggia. Decisamente c’era qualcosa che non andava. Ma capirete, i costruttori dovevano costruire, i muratori dovevano muratorare, gli imbianchini dovevano imbiancare, gli idraulici idraulicare e gli elettricisti elett… fare il loro lavoro.

Anche chi aveva fatto già i soldi e li prestava, e le neonate banche che facevano la stessa cosa, dovevano fare il loro lavoro.

Le cambiali, volavano come cavolaie in migrazione.

In tutto questo fervore a edificare, si trascurava “leggermente” qualche particolare. Quello che si chiama “decoro architettonico” non veniva nemmeno lontanamente preso in considerazione per quanto riguarda gli esterni. Ognuno faceva alla come capperi gli pareva, e gli illuminati progettisti dell’epoca, nemmeno sapevano cosa significasse. Anche gli interni avevano una disposizione molto funzionale: corridoio centrale; a sinistra dell’ingresso, bagno; destra ingresso, camera da letto; sinistra dopo bagno, altra camera da letto; destra dopo camera da letto… altra camera da letto, ma piccola; in fondo a sinistra, cucina; in fondo a destra, sala da pranzo. Quest’ultima era anche il “salotto”, che in pratica non si usava mai. La sistemazione poteva anche essere invertita, o cambiata, ma il corridoio nel mezzo era d’obbligo. La divisione “parte notte e parte giorno”, non era nemmeno presa in considerazione: troppo sofisticata per chi aveva dovuto ammazzare polli e tacchini per far posto alla nuova casa. Nemmeno chi progettava pensava a simili sofisticazioni: non erano riusciti a studiare fino a quei livelli!

C’era però un volo pindarico di stile: le nuove case private avevano tutte il “tetto alla svizzera”! Azzarola che spettacolo! Bellaria, sembrava un’enclave di Zurigo!

Continua

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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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