INCONTRO CON NICO CAPPELLUTI

Mentre usciva il nostro articolo inerente le nuove scoperte sui buchi neri a opera del team di ricercatori guidato dal nostro concittadino Nico Cappelluti, lui era in procinto di partire per Bellaria da New York. Abbiamo così approfittato per incontrarlo e scambiare quattro chiacchiere con lui, si è dimostrato alla mano, simpaticissimo e molto disponibile.

Più che un’intervista infatti, è stata, appunto, una chiacchierata.

L’astrofisica non è un argomento propriamente alla portata di tutti, ciò che tratta è difficilmente comprensibile ai più e altrettanto complicato è spiegarlo cercando di semplificarne i concetti.

Per questo mi sono fatto accompagnare da un amico con qualche conoscenza in questo settore, per poter in qualche modo affrontare il tema.

Più che altro, comunque, era interessante conoscere l’ambiente in cui Cappelluti svolge il suo lavoro e la vita di tutti i giorni.

Abita a East Rock, che si trova a New Haven nel Connecticut, un quartiere soprannominato Grad-ghetto, che è la zona con la maggiore concentrazione di laureati/dottorati al mondo, in pratica il ghetto dei laureati, Infatti Cappelluti insegna alla Yale, la prestigiosa università americana. Ci dice che i ritmi di vita e lavoro sono più serrati che da noi. Insomma, anche se a noi pare di correre, evidentemente c’è chi corre più di noi, forse anche perché dal lavoro si ricava maggior soddisfazione.

Alla domanda di cosa gli manchi di Bellaria quando è in America, risponde che, a parte la piadina col prosciutto, gli mancano le chiacchierate sugli argomenti che per noi sono quelli comuni come, ad esempio, discutere su una partita di calcio.

Anche il cibo ha, come sopra scritto, la sua importanza. Dice che là si trovano cose che noi nemmeno ci sogneremmo di mangiare, ma siccome ci sono pizzerie gestite direttamente da italiani, almeno la pizza si salva.

Il suo gruppo è composto da appassionati ricercatori di fisica e astrofisica e siccome i fondi per le ricerche, anche grazie ai risultati ottenuti, sono stati nuovamente finanziati dalla NASA, gli studi proseguiranno.

Gli chiediamo in cosa consista la nuova scoperta e come ci siano arrivati.

Ci spiega che i buchi neri sono essenziali per la formazione delle galassie e, di conseguenza, delle stelle e che le prime stelle, di cui oggi si stima la nascita a circa 700 milioni di anni dopo il Big Bang, non erano sufficienti a generare i Buchi neri giganteschi che sono stati osservati.

Analizzando la composizione originaria dell’universo primordiale, formato principalmente da idrogeno, elio e un po’ di litio, ed applicando appropriati calcoli, si è riusciti a comprendere che già poco dopo il Big Bang questi elementi si sono concentrati fino a formare i buchi neri .

Non ci inoltriamo ulteriormente su più complicati tecnicismi, anche se la domanda “quali sono gli effetti pratici di questa scoperta” l’abbiamo posta.

La risposta è stata quella che potremmo riferire al dantesco “Nati non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, quindi soddisfare il naturale ed intrinseco desiderio di conoscenza degli umani (anche se non propriamente tutti). C’è però un altro risvolto molto più pratico nell’immediato: il dover risolvere continuamente problemi, escogitare metodi analitici, ottenere più informazioni possibili con dati spesso limitati, adatta il cervello all’analisi e alle soluzioni anche al di fuori di questo campo specifico, al punto che oggi molti astrofisici sono chiamati alle analisi economiche di Wall Street.


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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