PORTO: MA SI PUO’?

Riportiamo un interessante articolo tratto da “Chiamami Città” a firma Onide Donati.

È un porto un po’ così, quello di Bellaria-Igea Marina. Non ha la firma di Leonardo, come a Cesenatico. Non ha la lunghissima palata di Rimini. Ha poco del clima folcloristico e “vissuto” che si respira a Cervia. Poi si interra e all’inizio di ogni primavera bisogna ripulirlo dai fanghi che si accumulano con le piene invernali del pazzo torrente Uso, sulla cui foce il porto sorge. Diciamo la verità, è bruttino e in certe stagioni i pescatori ci lavorano a singhiozzo.

Il Comune ora vuole abbellirlo con un progetto di arredo da tre milioni, da realizzare sulla sponda igeana, presentato in pompa magna dall’Amministrazione comunale. Solo che, prima dell’estetica, il porto avrebbe un’altra priorità: la messa in sicurezza perché, periodicamente, rompe gli argini e il paese va sott’acqua.

L’ultima volta è successo agli inizi di febbraio del 2015. Prima c’era stata la disastrosa alluvione dell’ottobre 1996, poi un’altra nel 2000, più indietro nel tempo a memoria d’uomo si ricordano 15-20 inondazioni. E si favoleggia di una piena bisecolare statisticamente prossima ventura, senza peraltro che nessuno sappia quando sia veramente avvenuta l’ultima: l’arco di tempo che la memoria non copre va dal Congresso di Vienna alla prima guerra mondiale…

Questo per dire che se fai un investimento di quella portata c’è il rischio che vada tutto in malora alla prima piena che il mare non riceve (e succede quando a Venezia c’è acqua alta). E non sarà certo l’innalzamento di 30 centimetri del muretto (il muretto, non le banchine) del porto, inserito nel progetto, a trattenere l’acqua.

I pescatori dicono che con una golfata buona, il mare “monterebbe” dentro il porto e devasterebbe ogni cosa.

Un pescatore, Graziano Benedetti, sintetizza così su Facebook la sua contrarietà: “Noi di un porto fatto di mattoncini piazzette e parcheggi non ce ne facciamo un bel niente. Noi abbiamo bisogno di un porto che sia riqualificato e in grado di essere comodo per tutte le attività che lavorano nel porto. Di un giardino per gli alberghi non ce ne facciamo un cacchio”.

L’intervento annunciato è l’ultima di una serie costosa, alquanto disordinata e di difficile lettura: prima, a monte del ponte ferroviario l’Amministrazione comunale ha realizzato un ponte mobile pedonale che pochissimi fortunati hanno visto aprirsi. Poi un capannone destinato a pescheria sul lato Igea di fronte al ponte mobile. Infine la chiusura “manu militari” – e tra le proteste degli operatori – della tradizionale pescheria sulle banchine nel lato Bellaria.

Quello che si va configurando è un porto migliorato ma fragile ad Igea, mentre a Bellaria nulla cambierà, con lo sbarco quotidiano di quintali e quintali di cozze dei vivai e l’impattante attività cantieristica in un contesto caotico. E come conseguenza il progetto cancellerà ogni possibilità di realizzare una darsena turistica, chimera inseguita per decenni.

Tutto sostituito da “Chiringuito”, questo il nome scelto per l’arredo perché basato sulle strutture in legno dei locali di Formentera. Non è uno scherzo: proprio “Chiringuito”… ma si può?


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Il Direttore Giuseppe Bartolucci

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